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domenica 24 febbraio 2019

Suore di clausura di Cividino di Castelli Calepio

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Le suore di clausura hanno un monastero a Cividino di Castelli Calepio (provincia di Bergamo) in Via San Francesco n. 7. Si tratta di carmelitane scalze, ossia l'Ordine religioso fondato dall'eroica Santa Teresa d'Avila. Il Carmelo di Cividino di Castelli Calepio è molto antico e bello. La Messa domenicale viene celebrata  di mattino alle ore 8.

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Dagli scritti di Padre Alfonso Rodriguez (1526 - 1616).

Della rinnovazione dei voti, che si usa nella Compagnia e del fine e frutto che vuole ricavarne

   Leggiamo dei nostri primi Padri che, essendosi ricongiunti a Parigi col santo Padre Ignazio nel giorno dell'Assunzione di nostra Signora del 1534, si recarono nella Chiesa della Regina degli Angeli, chiamata Mons Martyrum, che vuol dire Monte dei Martiri, ad una lega da Parigi, e, dopo essersi confessati ed aver ricevuto il santissimo Sacramento del Corpo del Signore, fecero tutti voto di lasciare, in un giorno stabilito, tutto quello che avevano senza trattenersi altro che il necessario per giungere a Venezia; e fecero anche voto di adoperarsi per il profitto spirituale del prossimo, e di andare in pellegrinaggio a Gerusalemme a condizione di aspettare, una volta giunti a Venezia, un anno per la navigazione: se in quell'anno avessero trovato il modo per partire, giunti a Gerusalemme, avrebbero cercato di rimanerci e di vivere sempre in quei Luoghi Santi; ma se non avessero potuto partire nell'anno, o giunti a Gerusalemme e avendola visitata, non avessero potuto rimanerci, sarebbero tornati a Roma e, prostrati ai piedi del Sommo Pontefice, Vicario di Cristo nostro Signore, si sarebbero offerti alla Santità Sua perché disponesse di loro liberamente, e li mandasse dove a lui piaceva per il bene delle anime. Questi stessi voti riconfermarono nei due anni successivi, sempre nel giorno dell'Assunzione e nella stessa Chiesa con le stesse cerimonie (Vita, l. 2, c. 4). Ebbe origine di qui l'uso di rinnovare più volte i voti che usa la Compagnia, prima della professione.
   Nella Parte quinta delle Costituzioni, trattando di questa rinnovazione, il nostro santo Padre dice: «Il rinnovare i voti, non significa addossarsi un nuovo obbligo, ma ricordare quello già contratto e confermarlo» (Constit., p. 5, c. 4, § 6). È un reiterare e confermare il già fatto, con gioia e soddisfazione, per testimoniare che non si è pentiti, ma che ne siamo contenti, che ringraziamo il Signore per la grazia che ci ha fatto accogliendoci tra i suoi e per averci concesso di fare quest'oblazione. E per dirgli che, se non l'avessimo già fatta e non ci fossimo già offerti, la faremmo ora e ci offriremmo di nuovo a Dio; che se ci fossero mille mondi da lasciare, tutti li lasceremmo per suo amore; e se avessimo mille volontà e mille cuori, tutti glieli daremmo e offriremmo di nuovo. In questo modo e con questa gioia si devono rinnovare i voti, perché quest'atto abbia merito e valore. Come il compiacersi del peccato è un nuovo peccato e una nuova offesa di Dio e merita un nuovo castigo, così la gioia e il compiacersi del bene sono cosa buona, gradita e meritoria dinanzi alla sua divina maestà. Nella misura che fu un bene il farlo, è un bene il compiacersene.
   Scendendo al particolare, il nostro santo Padre dice che questa rinnovazione si fa per tre scopi. Primo, «per maggiore devozione», e difatti non è occasione di poca devozione, ma molto grande, come sperimentano quelli che ci si preparano bene. Secondo, «per svegliare in noi il ricordo degli obblighi che abbiamo contratto con Dio», perché ci sentiamo così rianimati a condurre in porto ciò che abbiamo promesso, cercando di crescere ogni giorno nella virtù e nella perfezione. Terzo, «per confermarci meglio nella vocazione»; come è un rimedio in tutte le tentazioni fare gli atti della virtù contraria, perché le malattie si curano col loro contrario, così il rinnovare i voti è una difesa contro i moti interiori di scontento e di disgusto con cui il demonio certe volte ci assale nelle varie occasioni che si presentano durante l'anno (Constit., p. 4, c. 4, § 5). Il nemico rimane indebolito e scoraggiato e non sa assalirci con simili tentazioni e, se c'è stata qualche negligenza, viene riparata col nostro avanzamento, perché l'anima realizza un progresso.
   La virtù e la perfezione sono cose molto ardue per la nostra natura corrotta, perché la nostra fragilità e miseria, conseguenza del peccato, sono così grandi, ed è tanto grande l'inclinazione all'imperfezione e al male, che, pur cominciando molte volte con fervore gli esercizi spirituali, a poco a poco decadiamo dal primitivo fervore e torniamo alla nostra tiepidezza come i pesi di certi antichi orologi che tirano sempre in giù. Essendo terrena l'origine della nostra carne, è naturale che la terra l'attiri. Perciò conviene cercare dei rimedi affinché, se stiamo per cadere, possiamo tornare in noi stessi. E il nostro santo Padre volle che in modo particolare ricorressimo al rimedio di rinnovare i voti. Come la S. Madre Chiesa istituì nell'anno due tempi di particolare ristoro per rianimare i suoi figli e far loro riprendere con fervore il servizio di Dio, l'Avvento e la Quaresima, così il nostro santo Padre volle che due volte all'anno rievocassimo alla memoria quello che abbiamo offerto a Dio e il fine per cui il Signore ci ha condotto alla vita religiosa, affinché ci rinnovassimo e ricominciassimo con nuovo fervore a curare le cose cui siamo stati chiamati. Questo è lo scopo per cui furono istituite queste feste così solenni nella Compagnia e questo è il frutto che da esse dobbiamo ricavare.
   Non soltanto in quei giorni, diceva il padre San Francesco Saverio, ma ogni giorno dobbiamo rinnovare i nostri voti (TURSELL., Vita S. Franc. Xav., l. 6, c. 3 e 15). Leggiamo nelle Collezioni dei Padri che l'abate Panunzio faceva così (Vita Patr., l. 6, c. 13 e 25). Diceva dunque il padre San Francesco Saverio che a stento si troverebbe mezzo più efficace o arma più forte con cui i religiosi possano vincere le tentazioni del demonio e della carne, come il rinnovare i voti di castità, povertà ed obbedienza. Pertanto consigliava di rinnovarli ogni mattina durante l'orazione, armandoci così contro i nostri nemici e la sera dopo l'orazione. Per chi non avesse abitudine di rinnovarli così spesso, sarebbe buona devozione rinnovarli ad ogni Comunione, chiedendosi minuto conto di come li ha osservati e se la coscienza ha qualcosa da rimproverare.
   Affinché possiamo meglio conseguire il fine di questa rinnovazione, oltre le penitenze corporali, le astinenze e le discipline, bisogna ad esso far precedere anche: primo, alcuni giorni di raccoglimento, in cui si cessi dalle eventuali occupazioni e ci si dedichi maggiormente alla preghiera ed agli esercizi spirituali (Congreg., 6 Gen., decr. 56, cant. 8). Secondo, rendere conto della propria coscienza al superiore; pur facendo ciò molto, spesso durante l'anno, è necessario farlo più esattamente ogni sei mesi. Questa è una delle cose più essenziali che, dci siano nella Compagnia e della quale tratteremo in un trattato a parte (Trat. 7, c. 10). Terzo, una confessione generale di questi sei mesi al confessore scelto tra quelli indicati a questo scopo, sia per antica usanza della Compagnia, che per regola espressa (Reg. 4, Communium). Tutti questi sono mezzi molto adatti al fine che si vuole raggiungere, perché facendo una revisione di tutte le proprie mancanze si conosce subito il progresso o il regresso dello spirito. È facile vedere se si è progredito negli ultimi sei mesi più che nei semestri precedenti e questo confronto del tempo presente col passato, giova molto ad umiliarsi, se si constata che non c'è stato progresso, e a ricominciare con uno spirito nuovo, poiché, non per altro si è abbracciata la vita religiosa.
   Inoltre, considerate le proprie mancanze tutte insieme e a sangue freddo, come suole dirsi, si vede meglio qual è la passione dominante e la si riconosce dalle colpe in cui si è caduti con maggiore frequenza, e si può così con maggiore efficacia prendere i rimedi necessari; facendo soprattutto su di quella passione l’esame particolare. E ancora, poiché tutto ciò viene considerato nell'atto di rinnovare i voti, in cui si prende anche coscienza della misericordia e dei benefici ricevuti da Dio, e in modo particolare della chiamata alla vita religiosa, vedendo da una parte quanto: si è obbligati e dall'altra che di nostro non abbiamo che colpe, ci si umilia dinanzi a Nostro Signore e si riprende coraggio per emendarsi e ricominciare di nuovo. Un contrario contrapposto al suo contrario, come il bianco sul nero, risalta molto di più. Pertanto contrapponi a tutto quello che hai ricevuto e a tutto quello che Dio ha fatto per te ciò che tu hai fatto per lui, esamina le note di carico e di scarico e vedrai quanta ragione c’è perché tu rimanga confuso ed umiliato. Che n'è di tanta frequenza ai sacramenti, di tante penitenze e mortificazioni, di tanta preghiera; di tanti esami, di tante conversazioni. éd esortazioni e di tante letture spirituali? Dove è andato tutto questo? quale profitto ne hai ricavato? A questo modo bisogna esaminarsi quando ci si prepara a dar conto della propria coscienza è a fare una confessione generale, cercando di veder bene da quale fessura se n'è andato tutto il profitto, onde potervi rimediare in seguito.

[Brano tratto da "Esercizio di perfezione e di virtù cristiane" di Padre Alfonso Rodriguez, SEI, Torino, 1931].